Nel caso in cui, in sede di verifica del passivo innanzi al giudice delegato, il curatore si avvalga di un diritto contrattuale del fallito, gli viene preclusa ogni possibile ragione di inefficacia di detto negozio, perché facendo valere un diritto contrattuale della parte dichiarata fallita, gli viene poi preclusa ogni eventuale ragione di inefficacia nei confronti del medesimo documento, in quanto incompatibile con la dedotta opponibilità del documento alla massa dei creditori.
Lo ha sancito il Tribunale di Milano con sentenza del 7.3.2018, rifacendosi al principio – pacifico in sede di Legittimità, a mente del quale nel procedimento fallimentare l'ammissione di un credito, sancita dalla definitività dello stato passivo, una volta che questo sia stato reso amministrativo con il decreto emesso dal giudice delegato ai sensi dell'arte. 97 LF, acquisisce all'interno della procedura concorsuale un grado di stabilità assimilabile al giudicato, con efficacia preclusiva di ogni questione che riguardi il documento posto a base del credito, comprese le eventuali cause di prelazione che lo assistono (Cass., Sez. I , Ord. 27 ottobre 2017, n.25640); domande che non possono più essere riproposte inter partesneanche successivamente in altro giudizio.
La preclusione di ogni ragione di inefficacia di un documento di cui il curatore si avvale in sede di stato passivo riposa sul fatto che il curatore, avvalendosi di una scrittura e rendendola opponibile alla massa, subentra in un rapporto contrattuale del fallito o fa valere un diritto del medesimo, non diversamente da un avente causa del fallimento.
Avv. Daniele Franzini