È di qualche settimana fa l’ulteriore provvedimento dell’AGCOM in tema di divieto di pubblicità del gioco d’azzardo ai sensi dell’art. 9 del Decreto-Legge 12 luglio 2018 n. 87 (cd. decreto dignità). Dopo le delibere n. 317/23/CONS e 316/23/CONS nei confronti di Google Ireland Ltd. e Twitch Interactive Germany GmbH, a dicembre l’Autorità si è pronunciata anche nei confronti di Meta Platforms Ireland Limited Ltd. (delibera n. 331/23/CONS). Tale provvedimento, impugnabile davanti al TAR del Lazio, ha disposto a carico di Meta l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, un ordine di notice & take down e un ordine di notice & stay down.
Il caso
Il procedimento veniva avviato dall’Autorità a seguito di diverse segnalazioni per presunte violazioni dell’art. 9 del decreto dignità effettuate attraverso le piattaforme Facebook e Instagram.
L’articolo 9, al comma 1, dispone, infatti, che “Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo, (…) è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media”; inoltre, prosegue il comma 1, tale divieto si applica anche “alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata. (…)”. A ciò si aggiunga anche che l’inosservanza di tali disposizioni “comporta a carico del committente, del proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e dell'organizzatore della manifestazione, evento o attività (…) l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (…)” (art. 9, comma 2).
Come si legge nel comunicato stampa dell’AGCOM del 22 dicembre, il procedimento accertava la presenza di 32 contenuti “sponsorizzati”, “ossia diffusi dietro pagamento sui predetti social media”, atti a promuovere/pubblicizzare, mediante video e immagini, “attività di gioco e scommesse online con vincite in denaro” nonché la presenza di ulteriori contenuti di promozione (o comunque di pubblicità), anche indiretta, di giochi o scommesse con vincite in denaro su 18 profili/account pubblicati su Instagram e Facebook.
Rinviando comunque il lettore a una integrale e più completa analisi della delibera AGCOM, facciamo un breve punto su alcuni aspetti della decisione dell’Autorità.
Le valutazioni dell’Autorità
Dalla decisione dell’AGCOM emerge come il tema cardine del ragionamento che ha portato l’Autorità a ritenere Meta responsabile della violazione dell’articolo 9 ruoti appunto attorno al ruolo della Società ai sensi del DSA, ossia ai sensi del Regolamento UE 2022/2065 relativo a un mercato unico dei servizi digitali, e al tipo di contenuti contestati.
Soffermandoci in primo luogo sulle considerazioni generali dell’Autorità, certamente interessante è l’analisi della ratio del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo. Tale divieto – chiarisce l’Autorità – costituisce, infatti, “un divieto assoluto che non offre margini di discrezionalità”. Si tratta, infatti, di un divieto generale di qualsiasi forma di pubblicità e una conseguente responsabilità oggettiva in capo ai diversi soggetti indicati al comma 2. Esso è, infatti, connesso all’esigenza di contrastare il fenomeno della ludopatia, rafforzando la tutela del consumatore/giocatore (soprattutto rispetto alle categorie vulnerabili); proprio da ciò discende, dunque, un così ampio ambito di applicazione del divieto, sia sotto il profilo soggettivo – ossia, in relazione ai “soggetti coinvolti nella filiera” – sia sotto il profilo oggettivo – che colpisce “sia la pubblicità diretta che quella indiretta su tutti i mezzi comunque realizzati”.
Passando poi all’analisi delle violazioni contestate, l’AGCOM si sofferma prima sui 18 contenuti diffusi da profili personali di utenti di Meta e poi sui 32 contenuti “sponsorizzati”.
Rispetto ai primi – o meglio, rispetto a 7 (dei 18 totali) non rimossi dalla Società in seguito alla relativa contestazione – l’AGCOM ha ritenuto che Meta fosse responsabile ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b) del DSA. In tal senso, “sebbene resa edotta dall’Autorità attraverso l’atto di contestazione notificato, circa l’illecito commesso presso i propri servizi attraverso la pubblicazione di numerosissimi video nei profili individuati”, la Società “ha ritenuto che non ricorresse una fattispecie violativa”. È vero infatti – prosegue l’Autorità – che non può gravare sulla piattaforma un obbligo generale di sorveglianza, ma “la responsabilità della società per i 7 account e i video ivi diffusi relativi a contenuti illeciti in violazione dell’articolo 9 del Decreto Dignità” deriva dal fatto che gli stessi non sono stati “rimossi a seguito della notifica dell’atto di contestazione”, costituendo ciò appunto una eccezione al regime di esenzione di responsabilità della Piattaforma. Si segnala, infatti, che l’art. 6, comma 1, lett. b) del DSA dispone che un prestatore del servizio della società dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio “(…) non è responsabile delle informazioni memorizzate su richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore (…) b) non appena venga a conoscenza di tali attività o contenuti illegali o divenga consapevole di tali fatti o circostanze, agisca immediatamente per rimuovere i contenuti illegali o per disabilitare l’accesso agli stessi”. In questo senso, la società è stata ritenuta responsabile rispetto agli account non rimossi in quanto “a seguito della notifica dell’atto di contestazione – che segna il momento in cui la società ha avuto piena consapevolezza dei contenuti illeciti diffusi – ha provveduto a rimuovere solo 11 dei 18 profili/account segnalati” (comunicato stampa AGCOM).
Rispetto ai 32 “sponsorizzati” presso la piattaforma di condivisione di video Facebook, l’AGCOM precisa che i contenuti “sponsorizzati” si differenziano da tutti gli altri contenuti pubblicati dagli utenti Facebook in quanto diffusi sul social dietro pagamento e, per quel che interessa, in quanto “atti a promuovere e/o pubblicizzare attraverso video e immagini attività di gioco e scommesse online con vincite in denaro”; la sponsorizzazione costituisce, quindi, una vera e propria pubblicità della piattaforma. Anche rispetto ad essi, l’Autorità conferma la violazione dell’art. 9 del decreto dignità, ribadendo anche in questo caso che “la società non può in alcun modo invocare il regime di esenzione di responsabilità previsto dall’articolo 6 del DSA (ex art. 14 della direttiva e-commerce) in quanto ha avuto, come puntualmente ed esaustivamente provato, piena conoscenza dell’illecito commesso attraverso il servizio pubblicitario offerto ai propri clienti identificati puntualmente nell’atto di contestazione”. In questo caso, secondo l’Autorità, la Società non si è “limitata ad ospitare, con modalità puramente tecniche, passive ed automatiche, i contenuti caricati dagli utenti”, ma ha “offerto un vero e proprio servizio pubblicitario”; ciò appunto mettendo Meta nella “condizione di conoscere l’illiceità del contenuto” (comunicato stampa AGCOM).
La decisione dell’Autorità
Per tali ragioni, l’Autorità ha ritenuto, quindi, Meta responsabile della violazione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo ai sensi dell’art. 9 del decreto dignità. Ne è conseguito l’ordine nei confronti della Società di pagare la relativa sanzione amministrativa; “di impedire a ciascuno soggetto autore della sponsorizzazione oggetto del presente procedimento la promozione, attraverso il social network sites “Facebook”, di contenuti identici o equivalenti in violazione del divieto sancito dall’art. 9 del Decreto” (cd. stay down) oltre che “di rimuovere dalle piattaforme di condivisione di video “Facebook” e “Instagram” i contenuti illeciti nei 7 profili/account (…) identificati, qualora la Società non vi abbia già provveduto, ancora disponibili” (cd. take down)”.
Tenendo conto della possibilità di impugnazione del provvedimento, sarà interessante approfondire un eventuale prosieguo della vicenda.