Avv. Andrea Bernasconi
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2980 del 7 febbraio 2020, in materia di concorrenza sleale, ha precisato che: “La vendita sottocosto (o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) è contraria ai doveri di correttezza ex art. 2598 c.c., comma 1, n. 3, solo se si connota come illecito antitrust, in quanto posto in essere da una impresa in posizione dominante e praticata con finalità predatorie”.
In sostanza, non sussiste un divieto generale di vendita sottocosto, ma il divieto sussiste solo quando l’impresa che la pone in essere riveste già una posizione dominante sì da conseguire un monopolio dei prodotti posizionati sul mercato ad un costo particolarmente basso con l’intenzione di riaprire, una volta soppressa la concorrenza, la prospettiva di una successiva libera manipolazione dei prezzi al rialzo a danno sia degli stessi consumatori, che del mercato.
La Corte di Cassazione, a chiosa del principio inizialmente espresso, nella stessa ordinanza ha ribadito che “La vendita sottocosto è favorevole ai consumatori ed al mercato, sino a quando non giunga alla soppressione della concorrenza, e, perciò, si traduca in un danno per gli stessi consumatori ed il mercato, onde solo in tale ultima situazione si realizza l'illecito concorrenziale da dumping interno”.
Lo stesso orientamento è stato già ampiamente condiviso anche dalla giurisprudenza europea che, in diverse pronunce, ha infatti censurato il divieto generale di vendita sottocosto (ex multis: Corte giustizia Unione Europea 19 ottobre 2017, n. 295/16).