Con la sentenza n. 36092 dello scorso 26 novembre la Corte di Cassazione ha stabilito che affinché un patto parasociale produca l’effetto di vincolare i soci partecipanti nei confronti di un soggetto terzo da nominare, occorre che sia inserito nell’accordo fra i soci un ulteriore contenuto negoziale specifico, costituito dalla inequivoca volontà di attribuzione diretta al terzo di un diritto soggettivo perfetto.
Il caso in esame
I soci di due società per azioni, sottoscrivevano un patto parasociale, nel caso di specie un sindacato di voto, e in un secondo momento nominavano l’amministratore delegato di entrambe le società per i primi tre anni e stabilivano altresì il compenso a lui spettante. L’amministratore nominato, tuttavia, non essendo stato eletto alla carica per il secondo triennio, conveniva in giudizio i soci chiedendo il risarcimento dei danni per violazione del patto parasociale. La Corte territoriale, in parziale riforma della decisione del giudice di primo grado, il quale aveva pienamente accolto le domande dell’amministratore, riduceva la somma dovuta a quest’ultimo dai soci a titolo di risarcimento del danno per la mancata nomina alla carica di amministratore delegato delle due società per il triennio successivo. I giudici d’appello confermavano quindi la spettanza del risarcimento, riducendo il quantum debeatur. Avverso tale pronuncia i soci proponevano ricorso in Cassazione.
Il patto parasociale ed il contratto in favore di terzo
Con un motivo di ricorso i soci lamentavano che la Corte territoriale aveva qualificato l’accordo raggiunto dai soci come contratto in favore di terzo ex art. 1411 del codice civile. I Giudici della Corte di Cassazione in prima battuta si ponevano il quesito se il patto parasociale del caso di specie potesse essere assimilabile al contratto in favore di terzo. A dire dei giudici di legittimità, costituisce principio consolidato che i patti parasociali “integrino un accordo tra i soci che vi partecipano al fine, ove costituenti sindacati di voto, dell’assunzione preventiva delle decisioni concernenti la vita sociale, tali da rendere più organizzata e fluida l’adozione delle successive deliberazioni ad opera dell’assemblea dei soci, organo destinato a provvedervi”. Il patto ha efficacia solo verso i soci contraenti, non producendo alcuna efficacia né nei confronti della società né nei confronti di eventuali soggetti terzi, quali ad esempio amministratori, sindaci o dipendenti, anche nell’ipotesi in cui i soci si siano di essi occupati nell’ambito delle loro decisioni. Viceversa, il contratto in favore di terzi attribuisce un diritto soggettivo ad un soggetto terzo rispetto al negozio. Il terzo, pertanto, beneficia degli effetti di un rapporto costituito da altre persone, le quali assumono, se del caso reciprocamente, un obbligo nei suoi confronti.
La conclusione della Corte
Secondo i giudici di legittimità, affinché il patto parasociale produca l’effetto di vincolare gli autori anche nei confronti del soggetto da nominare, occorre che nell’accordo contrattuale vi sia la chiara, specifica e concreta volontà delle parti del contratto di voler attribuire al terzo il diritto soggettivo perfetto. Nel caso in esame, “la sola menzione, nell’accordo fra soci del patto parasociale, del nome, del compenso e della durata della carica di un futuro amministratore sociale nominando” non ha determinato la volontà dei paciscenti di vincolarsi nei confronti del terzo. La Corte, pertanto, in accoglimento delle censure dei soci ricorrenti, cassava la sentenza di secondo grado, non avendo ravvisato nel patto parasociale l’espresso intento dei soci di attribuire all’amministratore un diritto soggettivo, e conseguentemente non potendo quest’ultimo vantare una pretesa risarcitoria a riguardo.
Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Edoardo Pollara Tinaglia