La semplice dichiarazione del socio di voler sottoscrivere un aumento di capitale è vincolante verso la società e lo costringe alla sottoscrizione della partecipazione emessa in sede di delibera e al versamento del relativo conferimento. La sottoscrizione dell’aumento di capitale di una s.r.l. ha natura consensuale e dunque si perfeziona nel momento in cui il socio manifesta la volontà di acquistare le nuove quote.
Lo afferma il Tribunale di Roma nella sentenza del 25 agosto scorso. La decisione impatta sulle formalità della dichiarazione di sottoscrizione nonché sui contratti di investimento e sui patti parasociali dove le parti, soci e non soci, si impegnano a sottoscrivere aumenti di capitale di futura deliberazione. La recente decisione del Tribunale di Roma accende i riflettori su un aspetto fondamentale della procedura di sottoscrizione degli aumenti di capitale, talvolta sottovalutata a discapito degli effetti di fondamentale importanza che ne derivano a carico dei soci e dei terzi sottoscrittori.
Per capire la portata della decisione ed i suoi effetti pratici sui contratti di investimento e talvolta sui patti parasociali, vale la pena partire dalla valenza giuridica della dichiarazione di sottoscrizione di un aumento di capitale. La sottoscrizione di una determinata partecipazione in sede di aumento di capitale può avvenire sulla base di una semplice dichiarazione – scritta o orale – del socio o del terzo a cui è destinato l’aumento e questo dal momento che la sottoscrizione ha la natura dell’accettazione di un contratto consensuale che si perfeziona, quindi, con il consenso delle parti. Ed infatti, la deliberazione di aumento del capitale da parte dell’assemblea costituisce a tutti gli effetti una proposta della società e la sottoscrizione del socio o del terzo la sua accettazione, secondo il classico schema del contratto consensuale. La conseguenza è che il socio o il terzo sottoscrittore rispettivamente aumenta o acquisisce la propria partecipazione già per effetto della manifestazione di volontà di aderire all’aumento di capitale. Tanto a prescindere dal versamento del conferimento che il socio ed il terzo sono obbligati a fare, al momento dell’adesione, nell’ammontare che corrisponda ad almeno il 25% del capitale sottoscritto; ed infatti, il versamento riguarda la fase esecutiva del contratto di sottoscrizione e non la genesi. Solo per inciso si ricorda che nel caso in cui l’aumento preveda un importo a titolo di sovrapprezzo, quest’ultimo va versato integralmente.
Non è un caso che entro 30 giorni dalla sottoscrizione, gli amministratori sono obbligati a depositare per l’iscrizione nel Registro delle imprese l’attestazione che l’aumento del capitale è stato eseguito e questo proprio perché la sola sottoscrizione è sufficiente a determinare il perfezionamento del contratto fra i soci o i terzi e la società. La Suprema Corte con la sentenza n. 22016/2007 ha chiarito che non sono prescritte forme particolari per la dichiarazione di volontà di un socio o di un terzo, che intendono sottoscrivere un aumento di capitale, visto che l’esercizio di tale diritto si può desumere anche da fatti concludenti, l’importante è che la manifestazione di sottoscrizione avvenga entro il termine fissato dalla delibera assembleare.
Il Tribunale di Roma, richiamando la sentenza della Suprema Corte n. 19813/2009, a tal proposito sottolinea come la dichiarazione di volontà sia cosa ben diversa e non coincide con il voto in assemblea del socio intenzionato a sottoscrivere l’aumento. Con riferimento alla disputa che è alla base della sentenza del Tribunale di Roma, la società aveva dimostrato che, con una lettera del dicembre 2011, la socia aveva manifestato la volontà di sottoscrivere 45 mila nuove quote, richiamando l’aumento che era stato deliberato dall’assemblea dei soci. La manifestazione di volontà è risultata “chiara e inequivoca”, tanto più che nella lettera inviata alla società la socia sottolineava che avrebbe proceduto al relativo versamento della partecipazione sottoscritta secondo le indicazioni dell’organo amministrativo. Inoltre, nella comunicazione non emergeva alcun elemento che lasciasse pensare ad un’intenzione di voler condizionare l’efficacia della propria dichiarazione, e quindi della sottoscrizione, ad un evento futuro ed incerto.
Da quanto precede risulta evidente come, ove ci sia un accordo -come può essere un contratto di investimento o un patto parasociale- che preveda l’obbligo di sottoscrizione di un aumento di capitale aperto e scindibile da parte di un socio o di un terzo subordinatamente al verificarsi di un certo evento (pensiamo ad esempio al raggiungimento di obiettivi e di milestone), la dichiarazione di sottoscrizione resa dal socio o dal terzo deve tenere conto della condizione sospensiva chiarendo che la volontà della sottoscrizione sarà comunque subordinata al realizzarsi dell’evento concordato. Eguale cautela deve essere assunta nell’ambito sempre dei contratti di investimento e dei patti parasociali che vedono fra le parti oltre ai soci ed ai potenziali investitori anche le società, anche in questo caso sarebbe opportuno prevedere espressamente che ogni impegno di sottoscrizione di un aumento di capitale, per quanto già concordato contrattualmente, sia confermato da una dichiarazione espressa del socio o del terzo investitore a cui è destinato l’aumento di capitale.
Avv. Milena Prisco