Il condomino che, con una serie di e-mail indirizzate ad un altro proprietario, insinua la non correttezza dell’operato dell’amministratore dello stabile, definendo “fasulli” i conti da quest’ultimo presentati, incorre nel reato di diffamazione.
Il caso
Avverso la sentenza del Tribunale di Torino – che confermava la pronuncia del Giudice di Pace della medesima città – ricorreva per cassazione la condomina dichiarata responsabile del reato di diffamazione, perpetrato attraverso l’invio di una serie di e-mail ad altro condomino con le quali si lamentava della condotta tenuta dall’amministratore di condominio.
Ad avviso della condomina, difettavano sia l’elemento oggettivo del reato – e cioè la comunicazione a più persone – che quello soggettivo dell’intenzione di ledere l’altrui reputazione. Veniva contestata, inoltre, la mancata applicazione della scriminante del diritto di critica, dal momento che il Tribunale avrebbe analizzato in modo unitario gli episodi diffamatori – distinti in tre differenti comunicazioni elettroniche – senza entrare nello specifico di ciascuno di essi, ritenendo in toto non veritiere le affermazioni della condomina. In ogni caso, ad avviso della ricorrente, le affermazioni non risultavano eccedenti i limiti della continenza del diritto di critica, perché integranti delle semplici considerazioni personali di dissenso rispetto al comportamento negligente tenuto dall’amministratore di condominio, come tali più pungenti.
La pronuncia della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12186 del 25 gennaio 2022, ha ritenuto inammissibile il ricorso in ogni sua doglianza.
Per quanto riguarda il requisito oggettivo, “l’utilizzo della posta elettronica non esclude la sussistenza del requisito della comunicazione a più persone anche nell’ipotesi di diretta ed esclusiva destinazione del messaggio diffamatorio ad una sola persona determinata, quando l’accesso alla casella mail sia consentito almeno ad altro soggetto…e tale accesso plurimo sia noto al mittente o, quantomeno, prevedibile secondo l’ordinaria diligenza”. Ad avviso dei Giudici, solo l’esplicita indicazione di riservatezza può escludere tale eventualità.
Per ciò che concerne, invece, l’elemento soggettivo, la Corte ha ritenuto che nel caso di specie sussistesse l’offesa e l’animus diffamandi, in quanto le condotte ascritte all’amministratore insinuavano il dubbio circa la professionalità dello stesso, intaccandone la stima e la reputazione acquisita all’interno del condominio di riferimento.
Quanto all’esimente del diritto di critica, i Giudici rilevano che “le espressioni adottate dalla ricorrente risultano pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine di manifestare il proprio dissenso nei confronti della correttezza dei conteggi operati dall’amministratore”. Il requisito della continenza, ricorda la Corte, va valutato non solo in astratto ma anche in concreto, attraverso un ragionamento critico-logico, che tenga conto di una serie di parametri che guardano non solo al tenore letterale delle comunicazioni ma anche al concetto che si vuole trasmettere, al contesto dialettico e alle modalità di espressione.