Siamo di fronte ad uno sham trust (o interposto) quando il disponente controlla il trustee attraverso la figura del guardiano? L’Agenzia delle Entrate analizza, con dovizia di particolari, le ipotesi in cui l’imputazione dei redditi prodotti non può essere ricondotta al Trust, ma al disponente il quale, seppur attraverso il Guardian, controlla l’operato del Trustee.
Con la risposta n. 267 del 27 marzo 2023, titolata “Qualificazione di trust e trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi”, l'Agenzia delle Entrate sembra aver ristretto ulteriormente le maglie su quei trust ove il Guardian ha un potere di rimozione e di controllo preponderante sulla figura del Trustee.
Questa l’interpretazione che molti operatori del diritto sembrano dare alla risposta dell’AdE, contestando quindi una superficiale analisi dell’istituto da parte dell’Agenzia che non avrebbe compreso il reale funzionamento di un trust. Nella realtà, la risposta fornita all’interpello è molto più articolata e si basa sull’analisi puntuale del regolamento di trust sottoposto all’analisi dell’ente.
Si ricordi sempre che con la Circ. AE del 27 dicembre 2010 n. 61/E (questa sì conteneva analisi piuttosto superficiali dell’istituto e quindi è stata parzialmente e sostanzialmente disapplicata negli anni a venire) venivano già individuate alcune tipologie di trust da ritenere inesistenti, in quanto interposte, ove:
- il disponente o il beneficiario risulti, dall'atto istitutivo o da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell'atto istitutivo,
- il trustee non può esercitare i suoi poteri senza il consenso del disponente o del beneficiario;
- ogni altra ipotesi in cui il potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari.
Nel caso di specie, il regolamento di trust oggetto di interpello era stato già modificato in precedenza per (con ogni probabilità) renderlo meglio “ottemperante” alle normative fiscali italiane, ma nonostante ciò, l’impressione che i requisiti del “completo spossessamento degli asset” (condizione necessaria perché si possa parlare di un trust valido ed efficace anche ai fini fiscali) e quello dell’”indipendenza del Trustee” non fossero soddisfatti, rimane piuttosto fondata.
I rilievi dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate rileva infatti alcuni elementi di anomalia in alcune clausole come: « il Guardian ha facoltà di esprimere la propria opinione su qualsiasi attività del Trust», che «il Trustee è tenuto a rispettare con il massimo scrupolo la posizione del Guardiano interpretando ogni disposizione dubbia di questo atto nel senso della maggiore latitudine di queste prerogative» e che «qualunque riferimento (...) al consenso del Guardiano comporta che il Trustee debba richiedere e ottenere tale consenso prima del compimento dell'atto al quale esso si riferisce, a pena di invalidità dell'atto medesimo» da valutare in tandem con la circostanza che “Dallo Statuto del Trust vigente emerge, altresì, che il Guardiano continua a poter essere revocato, in ogni momento e senza giusta causa, dal Disponente e dallo stesso nominato, seppure congiuntamente ad uno dei Beneficiari Attuali (ovvero uno dei figli del Disponente), e che il Trustee continua a poter essere revocato, in ogni momento e senza giusta causa, dal Guardiano e poi dallo stesso nominato”, deriva un chiaro potere gestorio (seppur mediato ed indiretto) del Disponente che porta ad una valutazione essenzialmente negativa sul trust in questione con imputazione dei redditi non al trust, ma al disponente dello stesso.