I nuovi orizzonti delle imprese italiane: fattori ESG, golden power e reshoring

I nuovi orizzonti delle imprese italiane: fattori ESG, golden power e reshoring
Da ogni crisi nascono nuove opportunità

La crisi pandemica ha causato, in particolare nella sua prima fase, un arresto al livello mondiale delle attività produttive di imprese operanti in numerosi settori economici. La forte contrazione economico-finanziaria tuttora in corso impone certamente la necessità di una ripartenza rapida e altresì rappresenta per lo Stato e  le imprese italiane un’occasione unica per accelerare e incrementare l’adozione di nuove politiche societarie e di investimento sostenibili e responsabili, ispirate principalmente ai c.d. fattori ESG (Environmental, Social and Governance), oggi ritenute anche globalmente tra i drivers principali dei futuri scenari politico economici.

La ripartenza post covid, attualmente in fase embrionale, potrebbe inoltre trovare uno dei suoi maggiori elementi acceleratori in un fenomeno, anche questo globale, a cui si assiste ormai da qualche anno: il c.d. reshoring. Esso, in estrema sintesi, consiste nel ritorno in sede nazionale di imprese la cui produzione era stata delocalizzata in paesi con un basso costo della manodopera a discapito di qualità e valore aggiunto della produzione.

In ogni caso, e a prescindere dalle suddette strategie aziendali virtuose, le imprese italiane non possono obliterare la crescente tendenza dello Stato a tutelare alcuni settori ritenuti strategici mediante l’esercizio di una speciale potestà pubblica (factum principis), principalmente disciplinata dal D.L. n. 21/2012: il c.d. golden power.

I fattori ESG

L’acronimo ESG (Environmental, Social and Governance) individua tre elementi, quali la tutela dell’ambiente, la responsabilità sociale e la trasparenza della governance, che consentono di stabilire se e in che misura gli investimenti e le strategie di una società possano ritenersi responsabili, non solo con riguardo alla gestione economico-finanziaria, ma anche in relazione agli aspetti di matrice ambientale, sociale e di governance, incrementandone peraltro la reputazione aziendale e rendendole più o meno appetibili per mercato e investitori.

In particolare, i criteri environmental permettono di valutare come un’azienda, nello svolgimento della propria attività, si pone in relazione alle tematiche di natura ambientale, attraverso specifici parametri quali il contenimento delle emissioni di anidride carbonica, la corretta gestione dei rifiuti prodotti, l’uso di fonti di energia rinnovabili e di materiali riciclabili. Si tratta pertanto di indicatori volti a stabilire l’impatto che le aziende hanno sull’ambiente e sul territorio nell’attuazione delle loro strategie imprenditoriali.

Diversi sono invece i criteri social, in cui rientrano temi afferenti alla parità di genere, al rispetto dei diritti umani, alle condizioni di lavoro, all’inclusività sociale e alla sicurezza sul luogo di lavoro. Il rispetto di questi criteri attraverso specifiche politiche societarie consente alle aziende di sviluppare, nei confronti di soggetti sia interni sia esterni alla struttura aziendale, un’immagine positiva, nonché di contribuire al welfare delle comunità territoriali in cui la stessa opera.

Infine, i criteri governance si riferiscono a tutti quegli aspetti che riguardano l’organizzazione interna e la gestione societaria. Infatti, il pieno rispetto della meritocrazia, l’adozione di policy di diversità nella composizione dell’organo di gestione, di un modello organizzativo ex D.lgs. n. 231/2001, di sistemi retributivi etici e di misure volte a contrastare la corruzione, e altresì il rispetto dei diritti degli azionisti (in particolare quelli di minoranza), sono elementi che concorrono ad accrescere la reputazione dell’azienda.

Da tale breve esame dei fattori ESG emerge chiaramente la crescente rilevanza che questi assumono nel quadro economico post covid. Infatti, le strategie aziendali e gli investimenti ispirati ai fattori ESG, da un lato, risulteranno di maggiore interesse per gli stakeholders e, dall’altro lato, avranno più possibilità di creare valore per i soggetti coinvolti.

Il reshoring

Negli ultimi anni, oltre a un rallentamento dei flussi di delocalizzazione, si è assistito a un crescente ritorno delle fasi produttive all’interno dei confini nazionali. Il fenomeno del c.d. reshoring (o backshoring), come brevemente anticipato in fase introduttiva, consiste nel rientro nel paese di origine di aziende che avevano delocalizzato la produzione in paesi a basso costo della manodopera. Le ragioni di tale tendenza possono essere ricondotte a due principali ordini di ragioni:

  1. il mutamento delle condizioni economico politiche del Paese in cui era stata delocalizzata la produzione e
  2. soprattutto, la correzione di una precedente strategia aziendale di offshoring proiettata a  perseguire utili più alti attraverso politiche di scala legate a grandi volumi produttivi e di vendita.

Ciò a discapito di una produzione più limitata ma di qualità superiore. Alla base del reshoring c’è proprio un’ inversione dei principi economico produttivi, c’è l’esigenza di perseguire, comunque in termini di efficienza economica, utili più alti a fronte di minori volumi, maggiore qualità dei prodotti e dei servizi e un conseguente incremento dei prezzi di vendita.

Nello scenario economico che si prospetta, in cui le imprese italiane devono adottare nuove politiche per avviare un rapido percorso di rilancio, il reshoring – ancor più se accompagnato da incentivi di natura fiscale – può senz’altro costituire una strategia sostenibile e auspicabilmente premiante.

Il golden power

Nell’ambito delle nuove strategie aziendali, alcune imprese italiane non potranno non tener conto del c.d. golden power, ovvero lo speciale potere attraverso il quale il Governo può dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e opporsi all'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti stranieri. La ratio di tale potestà consiste nel salvaguardare gli assetti societari di imprese operanti in ambiti di rilevanza strategica, quali la difesa e la sicurezza nazionale, nonché nei settori dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Il D.L. n. 21/2012, integrato da successivi D.P.R. e D.P.C.M., oltre ad individuare i predetti comparti in cui il golden power può essere esercitato, disciplina la procedura di notifica (e i relativi termini) che le imprese coinvolte in una determinata operazione devono avviare per consentire al Governo di valutare se e in che forma intervenire.

Va certamente evidenziato che la possibilità per il Governo di esercitare questo particolare potere è stata ampliata negli ultimi anni. Già prima della crisi pandemica, il D.L. n. 105/2019 ha esteso l’operatività della disciplina, prescrivendo nuovi settori economici. Successivamente, a seguito della flessione economica causata dalla prima fase della pandemia e allo scopo di evitare che le imprese italiane attive in determinati settori divenissero preda di operazioni speculative, è stato previsto – attraverso il c.d. “Decreto Liquidità” (D.L. n. 23/2020) – un ulteriore ampliamento dei settori interessati, nonché dei soggetti tenuti alla notifica.

Conclusioni

I fenomeni sopra descritti, pur muovendo da presupposti diversi, costituiscono tre drivers che verosimilmente, per ragioni e con modalità diverse tra loro, potranno orientare nell’immediato futuro le prossime scelte di politica societaria delle imprese italiane, agevolando una nuova ripresa economica che sia sollecita e sostenibile.

Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Edoardo Pollara Tinaglia

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