In materia di accesso difensivo è consentita l’ostensione dei documenti richiesti solo se sussiste, oltre ad un interesse diretto, concreto ed attuale, altresì un nesso di strumentalità tra tale documentazione e le esigenze probatorie e/o difensive assunte dal richiedente, derivandone che, nel caso di richiesta di accesso a documenti preparatori di un servizio giornalistico dal quale l'interessato assume di essere stato leso nell'onore, la mancata esplicitazione del nesso di strumentalità tra i documenti preparatori e la presunta lesione legittima il rifiuto ostensivo da parte dell'amministrazione.
Ad affermare tale principio è il Consiglio di Stato, Sez. VI, che, con la recente sentenza n. 2655, depositata in data 11 marzo u.s., ha accolto (anche se solo parzialmente) l’appello presentato dalla RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. (“RAI”) contro la decisione precedentemente assunta dal TAR Lazio in merito ad una questione afferente al diritto di accesso difensivo nell’ambito dell’attività giornalistica e alla delimitazione della documentazione suscettibile di ostensione.
Nel caso di specie, la controversia veniva introdotta da un avvocato, il quale, a seguito della messa in onda sulla trasmissione “Report” di un servizio avente ad oggetto il proprio presunto coinvolgimento in alcune ipotesi delittuose nell’ambito degli appalti pubblici, si era rivolto alla RAI per acquisire la documentazione inerente l’attività giornalistica preparatoria del servizio mandato in onda, al fine di valutare la sussistenza degli elementi per intentare un’azione legale connessa alla supposta lesione del proprio diritto alla reputazione, ritenendo false e fuorvianti le notizie veicolate in puntata.
A fronte del diniego della RAI, il richiedente si rivolgeva, quindi, al TAR del Lazio, che, parzialmente accogliendo le descritte istanze, riteneva suscettibile di ostensione la documentazione costituita, in particolare, dalle richieste informative rivolte in via scritta dalla redazione del programma ad enti di natura pubblica in merito all’eventuale conferimento di incarichi ovvero di consulenze in favore di parte ricorrente, unitamente ai riscontri forniti dai suddetti enti, in quanto rientranti nel novero dei documenti e degli atti formati ovvero detenuti da una pubblica amministrazione o da un privato gestore di un pubblico servizio.
Con il provvedimento in esame, il Consiglio di Stato ha ribaltato il ragionamento del Giudice di primo grado, ritenendo che il provvedimento di diniego della RAI all’ostensione della predetta documentazione preparatoria dovesse ritenersi legittimo sulla base di una lettura più attenta del disposto di cui all’art. 24, comma 7, della Legge n. 241/1990 - a mente del quale deve essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici - nonchè sulla scorta dell’orientamento ormai maggioritario in subiecta materia.
Il Consiglio di Stato muove il proprio ragionamento dall’analisi dell’istituto dell’accesso difensivo (di cui alla norma appena citata) e, ripercorrendo l’orientamento condiviso dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 4/2021), ne evidenzia i presupposti necessari, ossia: a) la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici; b) la verifica della sussistenza di un interesse legittimante, dotato delle caratteristiche della immediatezza, della concretezza e dell’attualità.
Rispetto al caso di specie, sempre ad avviso del Consiglio di Stato, il provvedimento di diniego della RAI deve ritenersi legittimo dal momento che l’istanza non ha pienamente rispettato il presupposto di cui alla lett. a), relativo alla sussistenza di necessaria strumentalità, non avendo l’istante indicato in modo puntuale e specifico gli elementi comprovanti la necessità di acquisire la documentazione probatoria per la tutela della propria reputazione (ossia il nesso di strumentalità tra l’accesso ai documenti preparatori e la lesione dell’onore e della reputazione dell’istante, considerato che trattasi di documentazione che non è stata diffusa all’esterno); ma avendo egli, invece, prettamente riferito di non meglio precisate esigenze probatorie e difensive. Peraltro, il Consiglio di Stato ha precisato che: “non si chiede all’istante una probatio diabolica in termini di utilità, ma una prospettazione delle ragioni che rendono la documentazione oggetto dell’accesso necessaria a tutela della posizione giuridica tutelanda”.
La sentenza in esame offre dunque una ricostruzione schematica e puntuale del nesso intercorrente tra il diritto d’accesso e l’attività giornalistica, ponendosi in linea con gli arresti giurisprudenziali più recenti e restituendo un’interpretazione, in particolare dell’istituto dell’accesso difensivo, coerente al dato normativo e improntata alla necessità di perseguire un (complesso) bilanciamento tra il diritto di cronaca, il diritto alla trasparenza della P.A. ed il diritto alla riservatezza e all’onore dell’individuo.
Avv. Pietro Maria Mascolo e Dott. Lorenzo Baudino Bessone