Campagne pubblicitarie e utilizzazione di beni culturali: il caso del David di Michelangelo

Campagne pubblicitarie e utilizzazione di beni culturali: il caso del David di Michelangelo
I creativi del settore pubblicitario non di rado prediligono prendere in prestito dal mondo dell’arte opere delle arti visive e scultoree nei loro espedienti comunicativi. Ma a quali condizioni è consentito utilizzare ai fini di sfruttamento economico, immagini di celebri opere d’arte? Con un’ordinanza dello scorso 11 aprile il Tribunale di Firenze ha affrontato tali temi, pronunciandosi sulla riproducibilità del David di Michelangelo e il suo utilizzo a fini pubblicitari, precisando che, per la legittima riproduzione del bene culturale, il mero pagamento di un corrispettivo non è sufficiente.

Nel caso di specie, una nota impresa attiva nel settore dell’alta sartoria aveva diffuso online una campagna pubblicitaria, avente ad oggetto un abito sartoriale cucito su una riproduzione del David di Michelangelo realizzata per un progetto di formazione didattica e messa a disposizione del brand appositamente per il lancio.

Il Ministero per i beni e le attività culturali, conseguentmente agiva innanzi al Tribunale di Firenze per ottenere, oltre che il risarcimento dei danni conseguenti alla diffusione della campagna pubblicitaria, anche la rimozione di tutte le immagini del David, ancora presenti sul sito dell’Atelier che aveva realizzato la replica anche se a meri fini didattici.

A tal riguardo occorre precisare come il Codice dei Beni culturali agli artt. 107 e 108 preveda che, le opere considerate beni culturali (realizzate da più di 50 anni e riconosciute come di interesse culturale da parte del Mibac) in consegna nei musei o negli altri luoghi della cultura, possano essere oggetto di riproduzione per fini commerciali solo previa autorizzazione dell’amministrazione consegnataria del bene e a fronte del pagamento del canone, eventualmente, stabilito da tale amministrazione.

Il giudice adito, nel vagliare dapprima le questioni di competenza ha preliminarmente cristallizzato taluni rilevanti presupposti, chiarendo come il tribunale competente fosse il luogo in cui il danno si è prodotto, dal momento che il bene culturale è ivi custodito, con un notorio intenso legame tra l’opera e la storia del territorio.

In particolare, i giudici hanno precisato che la consegnataria di tale bene culturale fosse la Galleria dell’Accademia di Firenze (cui il ministero dei Beni culturali ne ha delegato la conservazione e gestione), soggetto alla quale deve essere chiesta l’autorizzazione per qualsivoglia riproduzione e uso dell’opera.

E così, secondo la lettera dell’ordinanza è specificatamente l’ente che ha in gestione il bene che può valutare discrezionalmente la compatibilità dell’uso con la destinazione culturale ed il carattere storico-artistico del bene che si intende utilizzare, per censurarne se del caso gli usi ritenuti denigratori ed offensivi, ovvero potenzialmente in grado di snaturarare il bene rispetto alla suo valore espressivo dell’identità collettiva nazionale.

L’assenza di una preventiva autorizzazione integrerebbe pertanto una lesione del diritto all’immagine del bene culturale, e il suo utilizzo a scopi promozionali e in generale commerciali è idoneo a svilire tale bene “facendolo scadere ad elemento distintivo delle qualità della impresa”, così configurando un danno patrimoniale per la Galleria dell’Accademia, che in caso di autorizzazione, avrebbe dovuto ricevere un corrispettivo per l’utilizzo, e altresì un danno non patrimoniale, correlato al rischio di volgarizzazione del bene, prestato ad utilizzi ritenuti incompatibili con il suo elevato valore culturale.

Tale vicenda, si inserisce nel novero delle numerose pronunce giurisprudenziali in tema di utilizzazione di opere d’arte e beni culturali a fini pubblicitari, consolidando un orientamento interpretativo che pone gli eventuali sfruttamenti pubblicitari nella piena esclusiva dell’autore e degli enti consegnatari dei beni, così ricordando come sia importante ogni qual volta gestire in modo edotto la realizzazione di campagne pubblicitarie, al fine di garantire la massima efficacia creativa e comunicativa al contempo tutelandosi da qualsivoglia rivendicazione e richiesta di risarcimenti.

Avv. Martina Petrucci

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