Avv. Vincenzo Colarocco
Filmati di soggetti ricoverati, foto prima/dopo l’intervento di chirurgia, messaggi di cordoglio per il decesso di un paziente che, per una morale religiosa, si è lasciato morire: sono solo
alcuni dei casi che riguardano il fenomeno della condivisione di informazioni relative a dati particolari nell’ambito medico sui social network.
I professionisti, infatti, perseguendo scopi pubblicitari o di altro genere, maturano l’
errata convinzione che la mera omissione del nome dei pazienti sia sufficiente a garantire un grado di non identificabilità tale da preservare un diritto fondamentale quale quello alla
privacy. Nulla di più sbagliato.
Invero, è nota la definizione di dato personale sancita
dall’art. 4 del GDPR, il quale individua come tale “
qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale”.
In Italia la questione è già da qualche tempo al centro dell’attenzione.
Nel 2017 il
Ministero della Salute, mediante una
nota, chiese alla Federazione Nazionale dell’Ordine dei medici di redigere un monito rivolto a tutti gli ordini provinciali invitando tutti i professionisti iscritti all’albo a verificare l’uso degli strumenti
social in relazione alla professione, ribadendo l’obbligo di rispettare
l’art. 10 del Codice deontologico, che impone al medico di “
mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività professionale. La morte della persona assistita non esime il medico dall’obbligo del segreto professionale”. Occorre ricordare che, il medesimo Codice impone, all’art. 11, “
rispetto della riservatezza, in particolare dei dati inerenti alla salute e alla vita sessuale. Il medico assicura la non identificabilità dei soggetti coinvolti nelle pubblicazioni o divulgazioni scientifiche di dati e studi clinici”.
La questione dello scorretto e non autorizzato utilizzo dei dati particolari dei pazienti da parte dei medici è stata recentemente attenzionata dall’autorità di controllo di Cipro, la quale ha inflitto una sanzione di 14.000 euro ad un medico che aveva pubblicato su internet i dati sensibili di un paziente senza il suo consenso: in particolare, il chirurgo aveva filmato con il suo telefonino una persona ricoverata in ospedale per sottoporsi a un intervento di rinoplastica e aveva successivamente pubblicato tale contenuto sul web a scopo dimostrativo (prima/dopo) senza riportare il nome del paziente, nell’errata convinzione che tale scelta potesse garantirne l’anonimato, nonostante questi fosse comunque riconoscibile dal volto. Ancor più grave la condotta solo a considerare che il profilo ufficiale Instagram della clinica vanta circa 4 mila
follower.